È uscito per le edizioni Marsilio di Venezia, un prezioso libricino intitolato “In difesa di Pio XII” a cura di Giovanni Maria Vian, direttore dell’osservatore Romano con scritti di Paolo Mieli (giornalista di fama), Saul Israel (nato 1897 e mancato a Roma nel 1981, israelita diventato cattolico, marcato a fuoco da quegli anni bui), Andrea Ricciardi, Rino Fisichella (rettore dell’Università Lateranense), Gianfranco Ravasi (arcivescovo del Pontificio consiglio della Cultura e della commissione di Archeologia Sacra, noto biblista), Tarcisio Bertone (segretario di Stato dell’attuale Pontefice). Personaggi di grande spessore intellettuale e profondi intenditori del problema.
Non capisco perché scrivere un libro in difesa del papa, quando è perfino in corso un processo per la beatificazione per Pio XII.
Lo stato del Vaticano traboccava talmente di ebrei e perseguitati politici da avere persino problemi di vettovagliamento.
I conventi, le parrocchie ed ogni luogo religioso ospitavano persone in difficoltà. Perfino quell’antipatico parroco di Pieve, che uscito dal confessionale mi ha dato una sberla perché gli avevo confessato di avere mangiato una pera William a cui da giorni faceva la tira, aveva come ospite un gesuita che per tutti gli anni della guerra è stato il mio precettore e mi ha aperto la testa.
La figura di questo papa è marcata indelebile nella mia memoria anche se all’epoca ero una bambina di 14 anni.
Dal 1945 passavo le vacanze di Pasqua a Roma, dai Calvi, lontani cugini che per deferenza e simpatia chiamavo zii: Carina, l’intellettuale, Carlo, che sembrava uscito dalla stampa del nobiluomo mantovano imbauchio dall’arrivo di Napoleone dopo l’assedio del 1796, e Isabella che mi regalava le magiche scatoline che col passare del tempo sono diventate una preziosa collezione.
Erano amici fraterni del bibliotecario della Casina di Pio IV, i cui tesori mi hanno lasciato a bocca aperta, contagiandomi con la passione di raccogliere stampe.
L’amico degli zii aveva un figlio un po’ più grande di me che aveva il compito di vivacizzare le mie giornate romane.
Io mi sono innamorata follemente dei giardini vaticani, nel cui cuore sorgeva la biblioteca e non mi stancavo mai di visitarli, luogo per me sognato. Toccavo e annusavo ogni foglia e fiore ubriacandomi di piacere quasi fisico.
Un pomeriggio da lontano è apparsa una lunga figura eterea, con una veste bianca che il vento faceva frusciare, con tra le mani un libriccino che stava leggendo: era il papa. Spaventati ci siamo accucciati dietro la siepe del vialetto sperando di non essere stati notati. Purtroppo agli occhi di lince del papa non sfuggiva niente. All’udienza particolare di zia Giulia Bianchini d’Alberigo sposata Giusti del Giardino, il papa mi ha subito riconosciuto, facendomi una carezza, mi ha detto, “fai parte della natura e questa fortuna ti accompagnerà per tutta la vita”, facendomi diventare la faccia viola come un peperone e capire con che razza di personaggio avevo a che fare!
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