Quando ragazzina sono arrivata a Venezia, Ca’ Grimani era la sede dell’antiquario Minerbi, la cui figlia era la madre del mio avvocato Gianni Milner.
Mi divertivo a girare in quel bailamme per scoprire i meravigliosi spazi e quanto appariva delle decorazioni che cadevano a pezzi. Solo la scala a chiocciola di Andrea Palladio era intonsa, ricordandomi quella che all’Accademia dalla galleria porta al tablino dove, in una nicchia, un’urna conteneva la mano di Canova, cosa che mi ha sempre fatto senso. Per fortuna Carlo Montanaro, quando è diventato presidente dell’Accademia di Belle Arti ha pensato bene di mandarla alla gipsoteca canoviana di Possagno del Grappa.
Quando i Minerbi hanno chiuso la galleria vi è stato un interregno fino al 1981 quando la principesca dimora venne acquistata dallo Stato per adibirla a museo.
Negli anni dell’interregno vi era un tale stato di degrado che mi faceva venire il mal di stomaco. Conoscendo il guardiano raccoglievo con paletta e scopino i brandelli d’affresco che cascavano dai soffitti.
Due erano le cose che mi affascinavano: il soffitto della sala dipinto da Camillo Mantovano, un enorme bersot con tutte le specie vegetali e gli uccelli comprese le piante appena giunte dell’Africa e dell’America, e la sala a cupola dove il Cardinal Grimani teneva i suoi tesori archeologici. Raccoglievo le briciole degli affreschi ogni volta che andavo mettendoli in tanti pacchettini di giornale con ogni uno la dicitura della provenienza in una preziosa scatola da scarpe.
Dopo l’alluvione del 1966 si sono creati vari comitati per salvare il salvabile. Per suggerimento del mio professore John McAndrew con cui stavo scrivendo un libro sull’architettura del primo rinascimento veneziano, che si era inventato il comitato Save Venice che tanto ha fatto per la città, sono stata incaricata dall’Unesco di catalogare e controllare la situazione delle opere conservate nelle chiese, che avevano molto sofferto anche per la trascuratezza degli anni precedenti.
Il presidente del comitato italiano era Bruno Visentini, al momento ministro delle finanze e presidente della Fondazione Cini a San Giorgio, nativo della Marca Trevigiana e padre della mia amica Margherita Azzi Visentini, esperta di giardini. Lo conoscevo abbastanza bene da incastralo per Ca’Grimani. Ero abbastanza carogna, lo aggredivo davanti a personaggi di fronte ai quali non mi poteva dire di no. Puntualmente mi giungevano come risposta dei bigliettini in cui mi diceva che c’erano cose più urgenti.
L’architetto Mario Piana è stato incaricato del restauro del complesso, opera faraonica sia dal punto di vista statico che artistico, dalla sovrintendenza di Venezia. Un lavoro immane che è stato eseguito in modo mirabile da costituire un esempio per i restauri futuri.
L’opera, iniziata nel 1981, andava a rilento per le difficoltà tecniche ma sopratutto per l’eterna mancanza di grana.
Ma miracolo! E’ arrivata la recessione e Venezia si è svegliata dal suo sonno congenito e tutto a cominciato a procedere. Nel giro di 20 giorni il monumento è stato restaurato, incredibile.
Questo restauro ci riporta al termine “conservare”che proprio in questo esempio assume un’eccezionale valenza: un edificio che nel passato ha avuto un enorme impatto nella struttura della città è tornato a vivere nella sua interezza rivitalizzando la città e diventando nella sua magnificenza attuale e moderno.
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