venerdì 4 febbraio 2011

Palazzetto Bru Zane

STORIE VENEZIANE #10

CASINO ZANE. VENEZIA



L’incisione del Carlevaris del 1703, che ho inserito nella prima edizione dei Giardini Segreti a Venezia del 1988, è stata per me un colpo di fulmine!

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Mi hanno affascinato il rigore geometrico delle aiole del giardino con al centro le sculture di Bacco e Cerere di Giovanni Comin (1664), oggi sostituite da due anonimi putti. L’insieme è ravvivato dal realismo del giardiniere con la carriola, dalla vivace discussione dei proprietari di cui uno accenna alla biblioteca, oggi scomparsa. Le ombre allungate denunciano un sole pomeridiano autunnale. Vi sono poi due cani che fanno la guardia ai sacchi di concime e sementi, disposti in una cesta davanti alla porta d’ingresso. Marino Zane, grande bibliofilo e amante della musica, incarica l’architetto Antonio Gaspari allievo di Borromini che porta una ventata di rinnovamento nelle calme acque della laguna, di costruire la biblioteca e il casino da musica per la nipote che si dilettava di suonare il violino. La facciata è rifatta nel 1707 da Domenico Rossi, autore della dei Gesuiti a Cannaregio, la più bella chiesa barocca di Venezia, dove anche il prospetto frontale era a colori come il soffitto dell’interno.

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Gli Zane, famiglia di antico lignaggio e fra le più rappresentative a Venezia, erano proprietari del contiguo palazzo affacciato sul Rio di Ogni Santi, oggi trasandata scuola elementare. Ristrutturato una ventina di anni prima da Baldassare Longhena autore della chiesa della Salute (1631-81) importante quale primo edificio religioso a pianta centrale a Venezia, il palazzo è un guscio che nell’interno esplode in uno dei più preziosi esempi di inventiva spaziale, tipica del Barocco veneziano. Dobbiamo a Ferdinando Fochi il soffitto dell’ingresso, da cui si accede al piano superiore attraverso una scala che sale lungo le pareti laterali con un pavimento a riquadri di marmi colorati.

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La meraviglia è la sala da musica con una balconata di legno traforato dello scultore Brustolon. Trattata a marmorino bianco, oggi lasciata, non so perché, di legno grezzo doveva accompagnare le spettacolari quattro conchiglie in stucco agli angoli della sala da cui i putti sembrano scendere in volo ad opera di Sebastiano Serlio. Gli affreschi sono di Sebastiano Ricci.

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L’attento restauro durato due anni si deve all’architetto Marco Zordan per la fondazione Nicole Bru, che vi ha creato un centro per la musica francese dell’Ottocento. L’iniziativa si inaugura il 19 e 20 novembre per l’apertura della stagione del Teatro La Fenice di Venezia con il ritrovato Requiem per soli, cori e orchestra di Bruno Maderna nella sua prima edizione.

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